24/07/2017
“Che cosa bisogna fare dunque per indurre gli uomini alla virtù? Insegnare loro a trovarla bella e a stimare quelli che la praticano. Per uno Stato così costituito, un vantaggio molto considerevole è che i male intenzionati non vi hanno alcun potere per realizzare i loro oscuri intrichi e che il vizio non vi può fare in nessun modo fortuna …” (Dal “Discorso sull’economia politica” di Jean-Jacques Rousseau).
Con una chiara sintesi la citazione arriva da tempi lontani ma comunque in “nostro soccorso” indicando quale sia la chiave del cambiamento che serve alla nostra società per ritrovare il senso della convivenza civile. L’invito a imitare e invitare ad imitare solo buoni esempi capita però di rado e comunque con scarsi mezzi e scarsa convinzione. Ma il mondo della comunicazione può fare molto per influire su un cambiamento in questo senso e “dovrebbe” farlo se parliamo di comunicazione pubblica. Il tema è sempre quello della responsabilità individuale, che i comunicatori dovrebbero possedere in modo accentuato dal momento che producono e pubblicano contenuti in varie forme. È un tema, nella sostanza, quasi banale e forse per questo sottovalutato e trascurato. Ma come si forma la responsabilità individuale? Fin dalla nascita apprendiamo e formiamo il nostro comportamento per imitazione. Prima imitiamo i nostri genitori, da cui apprendiamo linguaggi e gesti, poi assorbiamo un numero via via più grande di segnali e stimoli che ci giungono da ogni dove e che trasformiamo nel nostro modo di essere, ognuno il suo, ma ognuno mediando tutto ciò con cui entra costantemente in contatto. Tutti i contenuti che ci giungono da ogni mezzo di comunicazione, pubblicità compresa, entrano a far parte, in percentuali per ognuno diverse, di quello che ognuno di noi trattiene come propria risorsa. La forza dei media sta nella loro capillarità e nella capacità di reiterare qualunque messaggio e influire così su cosa ognuno di noi elabora e trattiene. Alla fine “siamo quello che assimiliamo”. Per questo i comunicatori di oggi dovrebbero sentirsi corresponsabili dell’interferenza del loro lavoro nella formazione di ogni individuo e potrebbero usare i “buoni esempi” per formare persone più consapevoli. Consumatori certo, ma più socialmente responsabili. Per esempio, non è un buon esempio, ma un inganno ben costruito, l’uso di testimonial i cui pregi sono unicamente quelli di essere noti per essere apparsi spesso e, solo in virtù di questo, pagati per affermare determinate qualità di un prodotto. Non è un buon esempio la rappresentazione mediatica di personaggi che, magari occupando addirittura ruoli istituzionali, contravvengono alle regole della società in cui vivono o si distinguono per lo scarso rispetto che dimostrano nei confronti di chi comunque li guarda e li ascolta. Non è un buon esempio l’uso stesso che viene fatto dai media per dare spazio a queste rappresentazioni.
Se il marketing è una disciplina che studia come incidere sulle scelte di un individuo, la qualità della formazione etica di un professionista della disciplina fa la differenza su ciò che sarà il risultato. Gli stessi strumenti e le stesse logiche possono essere usati per scopi nobili, come no.
Ad ogni comunicatore quindi la libertà di decidere, ma ad ognuno anche la responsabilità delle proprie scelte. Una responsabilità che la società deve comunque far sentire, a chi fa pubblicità e a chi in generale usa strumenti di diffusione di massa. Chi comunica sa, e in cuor suo comunque spera, che trasmettere messaggi produce sempre un risultato: come minimo contamina il ricevente con nuovi stimoli. Chi li riceve li interpreta secondo la propria formazione, ma intanto nulla è come prima di quel momento. Soprattutto quando il messaggio si propaga e raggiunge milioni di persone con grande frequenza e costanza. Nel tempo le tecniche della comunicazione si sono affinate e sono diventate strumenti potenzialmente pericolosi se lasciate in mano a chi le manovra senza rendersi conto degli effetti collaterali negativi che possono produrre.
Quando riusciremo a comunicare usando sempre esempi come quelli suggeriti da Rousseau, potremo anche arrivare a costruire uno Stato che sappia governare le risorse di tutti in modo semplice, naturale, onesto e conveniente.
Pietro Greppi
Ethical advisor e fondatore di Scarp de’ tenis
Fondatore del Laboratorio per la realizzazione del Linguaggio universale non verbale