12/02/2018
I nostri pensieri generano le nostre azioni, che generano immancabilmente delle conseguenze nell’ambiente che ci circonda e queste, nel bene e nel male, assumono dimensioni che possono anche sfuggirci di mano e prendere una vita propria inaspettata o indesiderata. Un’evenienza che diventa un problema solo quando a svilupparsi è il seme del “male” (definizione vaga, ma spero chiara) che dai mezzi di comunicazione può prendere energia perché parlandone, ne ravvivano e amplificano l’attenzione in senso lato … e questo può dar luogo tanto a critica quanto ad emulazione. La questione però non cambia di molto se questo meccanismo, anziché sui media, prende vita in contesti di dimensioni solo apparentemente molto più modeste. Ognuno di noi, infatti, comunica in continuazione e ognuno di noi, nel suo quotidiano, partecipa alla produzione e alla diffusione di contenuti la cui qualità dovremmo costantemente curare con maggiore consapevolezza. Perché ognuno di noi può essere miccia, cerino o estintore di vicende che apparentemente accadono lontano da noi, ma che tramite noi possono essersi generate, diffuse e amplificate. Ognuno di noi, per esempio, dovrebbe cominciare a riflettere sulle conseguenze dei “discorsi da bar”. Almeno dovremmo comprendere che le chiacchiere che si sviluppano in quel tipo di contesto possono essere potenziali cerini che accendono involontariamente micce nascoste e pericolose. Un discorso da bar, per essere chiari, è quel ragionamento che descrive semplicisticamente qualunque argomento, anche complesso, usando spesso generalizzazioni, luoghi comuni, facendo affermazioni basate sul sentito dire, ripetendo battute (spesso infelici) o riferendosi a “notizie” di terza o quarta mano (quando va bene) … il “discorso da bar” è l’esempio della democrazia operativa: al bar chiunque esprime giudizi su qualunque argomento senza pensare alle conseguenze possibili. “Al bar” tutti diventano esperti della qualunque … di giornalismo, sport, medicina, politica, motori, allevamenti, industria, magistratura, giudici, banche, … Anche quando l’argomento è lontanissimo dalle proprie competenze reali, “al bar” ognuno diventa l’esperto e potenziale consulente di quel settore. In quel tipo di ambiente circolano frasi come “guarda … te lo dico io com’è la questione …”, “dipendesse da me farei questo o quello”, “chissà cosa c’è dietro”, “io non sono razzista, ma …” E le persone si trasformano in portatori di verità assolute, anche quando appartengono ai si dice o alle favole già smentite da tempo.
Si tratta di un comportamento sociale troppo poco indagato dalla psicologia, eppure “i bar”, in senso lato (fateci caso perché è quasi impossibile che non vi sia almeno capitato di assistere a certi dibattiti), sono i luoghi dove potenzialmente si creano i mostri che poi vediamo apparire quasi dal nulla nelle cronache di ogni giorno. Sarà l’informalità del luogo o dell’incontro in sé, ma come fosse un automatismo, accade puntualmente che appena si entra “al bar” sembra resti fuori un po’ di buon senso … e giù a “sdoganare”, come nulla fosse, battute infelici e discorsi altrettanto infelici su stranieri, donne, suocere, diversità di ogni tipo, … nulla di dignitoso anche quando il tema potrebbe sembrare di spessore. Ragionamenti la cui natura dovrebbe esser appunto indagata da qualche psicologo per capire perché questo succeda in quei luoghi, perché in così tanti ci cascano. Pensateci: “i discorsi da bar” possono accendere micce presenti nella mente di chi ascolta quella che si voleva fosse solo una battuta (?). Ed è così che la violenza e il razzismo (per esempio) se sopiti in una persona, possono accendersi con il semplice innesco di un discorso incauto e cialtrone e far succedere tragedie. Riflettere molto sulla qualità delle cose che si dicono può servire a non farci diventare, anche se involontariamente, come quei delinquenti che cospargono di benzina un animale, gli danno fuoco e lo liberano in mezzo ad un bosco … che si incendierà. Una battuta infelice in un bar o fra amici assomiglia a quel cerino … perché fra la gente c’è sempre qualcuno imbevuto di qualcosa di “infiammabile” di cui il sistema dell’informazione attuale (inclusa la pubblicità) lo ha cosparso. Ognuno di noi può essere miccia, cerino o estintore.
Pietro Greppi
Ethical advisor e fondatore di Scarp de’ tenis