27/06/2016
Stavo scrivendo questo articolo, proprio con questo titolo, quando ho saputo della dipartita di Pino Pilla di cui conoscevo i lavori e l’essere persona schiva e poco felice di apparire. Non c’è motivo per cambiare quello che avevo in programma di scrivere e anzi gli dedico il contenuto che avevo già preparato.
La famosa head-line “o così o Pomì” (di Pino Pilla ovviamente) che ho usato nel titolo ha fatto oggettivamente storia, ed è un eccellente esempio di comunicazione commerciale per sottolineare quanto la sintesi e la semplicità possano essere più che sufficienti per dire quello che c’è da dire di un prodotto e crearne la notorietà senza ricorrere a costosi artifici di dubbia utilità. Certo ci vuole l’intuizione, e quella non arriva sempre. Ma è anche fondamentale che in questo mestiere ci siano persone che curano il pensiero, la cultura, la curiosità, l’intelligenza e l’abitudine ad affrontare un obiettivo selezionando, fra le cose da dire, solo quelle effettivamente rilevanti e utili. Che a volte sono le più semplici: una volta individuate dovrebbe bastare il saperle dire bene.
In assenza di guizzi creativi che valga la pena di pubblicare converrebbe volare bassi e limitarsi a dire, bene, cos’è il prodotto e a cosa serve. Il resto è solo aria fritta pagata molto cara dai clienti che anche in periodi di crisi tendono a dichiararsi felici di farlo. Qualcuno è necessario che lo dica. L’ho detto.
Però campagne come quella di Pomì consentono di tornare anche sul tema dell’etica, ma non per collocarle dentro o fuori il registro etico, bensì per chiarire che una campagna può essere semplicemente chiara, onesta, comunicativa, leale, simpatica e facile da ricordare, pur mantenendosi neutra sul piano della responsabilità … com’è stata “O così o Pomì” insieme a poche altre.
Sentivo necessario fare questa precisazione perché mi è capitato di dover argomentare con alcuni colleghi sul significato e sulla presenza dell’etica in comunicazione. Erano curiosi e stupiti che ci si potesse occupare di un fattore che per loro era semplicemente alieno alla professione del comunicatore, come fosse un fuori tema. Mi chiedevano esempi di quali fossero le campagne etiche e quali no. E me lo chiedevano con quel modo di fare tipico di chi, con quella domanda, ritiene di averti messo in difficoltà.
Non sto qui a spiegare la mia risposta. Chi mi conosce e chi mi segue la può bene immaginare. Ma è in situazioni come queste, soprattutto perché accadono e perché provocate da persone che diresti assennate e che invece esprimono mediocrità, che si rafforza in me la consapevolezza di quanto il comparto della comunicazione sia ormai diventato simile alla politica: lontano dalla vita reale alla quale pretende di comunicare e della quale ritiene essere l’espressione. Ciò che fanno e pensano le persone è innegabilmente il risultato di ciò che hanno assorbito ed elaborato nell’ambiente in cui vivono. Nel bene e nel male. Chi non si pone certe domande è perché non è stato educato, e men che meno abituato, a farsele, crescendo in un sistema in cui se non usi lo spirito critico sei destinato alla mediocrità, alla stupidità e quindi anche a riprodurle nel tuo quotidiano.
Per una sorta di autodifesa, a protezione di certi invisibili confini, il sistema tollera, seleziona e promuove molti mediocri perché in essi l’intelligenza è presente ma è sedata, e quindi incapace di mettere in discussione l’ideologia che la contiene. Il carattere si addomestica, la democrazia si confonde con il conformismo e il coraggio viene bollato di eresia.
Ed è così che, mantenendoci nel settore della comunicazione (che non è cosa irrilevante), accade, purtroppo, che la pubblicità venga “fatta” anche da persone stupide, ma la cui stupidità viene addirittura scambiata o spacciata per talento, promossa e votata da un sistema che ha ormai portato a sistema, appunto, la stupidità. Un modello deleterio la cui riproduzione dissennata è urgente interrompere. Lo dico a chi è d’accordo: ce la possiamo fare!
Pietro Greppi
Ethical advisor e fondatore di Scarp de’ tenis Fondatore del Laboratorio per la realizzazione del Linguaggio universale non verbale