23/10/2017
Bene e male, bello e brutto, libertà e schiavitù … dentro ognuno di noi alberga tutto e il contrario di tutto. Che uno o l’altro prenda poi il sopravvento nelle nostre scelte, dipende solo da quanto riesce ad incidere e a penetrare nel nostro essere quella che siamo abituati a definire “educazione”, che è l’insieme di stimoli e comportamenti che la vita sociale in cui cresciamo ci trasmette. L’informazione arriva solo da chi esercita l’opportunità di farlo. Il sistema in cui viviamo è attraversato da segnali, contenuti e informazioni gestite da pochi. Questo genera inevitabili conflitti perché infonde e diffonde, più o meno volontariamente, conformismo e omologazione che attecchiscono soprattutto dove lo spirito critico è indebolito. Il conformismo potrebbe apparire rassicurante e “comodo”, orientato com’è all’emanazione di regole comuni e all’eliminazione dell’imprevisto, ma proprio per questo genera ostacoli alla nostra serenità individuale e alla nostra capacità di usare un pensiero libero da condizionamenti. L’informazione produce reazione e chi emette un segnale in genere lo sa. Le nostre vocazioni in un sistema così concepito vengono sopite e frustrate. Ci è addirittura difficile riconoscerle quando “tornano a galla” perché arriviamo a percepirle come disturbi da contenere, correggere e allontanare dalla mente. Frequente il “così non si fa!”. Arriviamo a pensare quello che ci suggerisce il sistema della società nel suo insieme, cosa che condiziona fortemente l’autonomia di pensiero e quindi la nostra originalità. Un condizionamento che incontriamo fin dai primi vagiti e ci accompagna quotidianamente per tutta la vita avendo, come alleata, l’ingenuità complice di coloro che a loro volta ne sono stati fortemente influenzati. Praticamente tutti. Il vortice di azioni e pensieri indotti dal sistema crea una particolare “tradizione comportamentale” che cozza costantemente con i nostri orientamenti naturali, le nostre vocazioni appunto. Incontriamo continuamente modelli preconfezionati da “indossare”, ma che raramente aderiscono al nostro intimo orientamento. L’informazione introduce e sviluppa una cultura. Modelli preconfezionati è normale che ci stiano larghi o stretti perché sono tagliati su misura per noi solo a parole. Lo capiamo quando ci sentiamo a disagio e contemporaneamente siamo più propensi ad adattarvici che a spogliarcene. E anche quando, e se, riusciamo a spogliarcene tendiamo a fare una pseudo scelta: cerchiamo un altro modello disponibile là fuori, anziché approfittare di quel lampo di lucidità per ritrovare e indossare il nostro. Abbiamo cioè reazioni che quasi sempre assecondano l’essere collettivo a scapito dell’essere individuale. Se cambiamo, lo facciamo scegliendo un altro modello fra quelli pronti, previsti, consentiti, approvati … comodi. Anche quando reagiamo per il disagio che monta in noi, continuiamo a prendere dallo stesso “cassetto” proseguendo quindi con l’assecondare il sistema, rafforzando la sua stabilità anziché la nostra. Nel momento in cui più o meno consapevolmente perpetuiamo modelli stabiliti da altri operiamo una violenza su noi stessi. Pensando in modo conforme ci costringiamo ad essere diversi da quello che saremmo se fossimo integri … ed è così che ognuno di noi accetta più o meno consapevolmente di impedire la nascita di qualunque novità di cui individualmente potremmo essere portatori. Tranne quando la novità si rivela essere congeniale al mantenimento dello stato delle cose pur dando la sensazione di essere un cambiamento, come rivelano in generale “le nascite” di nuovi prodotti, che sono sì cambiamenti, ma che di fatto cambiano l’uniforme in una nuova uniforme. Un esempio più concreto dell’influenza del sistema sul nostro modo di pensare e di fare scelte? Lo faccio con una frase di Clark Hoover, Presidente degli Stati Uniti dal 1929 al 1933: “Là dove penetra il film americano, noi vendiamo più automobili americane, più berretti americani, più grammofoni americani …”. Aggiungo anche un dato su cui riflettere: in Italia, nel 2014, la filmografia statunitense ha costituito il 70% della programmazione, contro il 18% di quella italiana e il 12% di quella di altri paesi. Gradite un hamburger? Pensateci.
Pietro Greppi Ethical advisor e fondatore di Scarp de’ tenis
Fondatore del Laboratorio per la realizzazione del Linguaggio universale non verbale