21/03/2022
nomi diversi, ma uguali significati per definire il lato oscuro della comunicazione
La propaganda militare, di cui siamo purtroppo tornati ad essere spettatori, è la rappresentazione plastica di quanto qualunque scopo possa essere “venduto” come prodotto di un pensiero quale che sia il suo grado di eticità e di attinenza alla realtà dei fatti. Le parole e i loro significati sono da sempre potenti strumenti di gestione della socialità che possono essere miscelati in vari modi su medesimi contesti per scopi anche opposti. Chi sa usare le parole abilmente, riesce a trasferire un certo grado di verosimiglianza a qualunque propria affermazione, ma va detto che questo vale se il messaggio è diretto verso chi non è sufficientemente attrezzato per valutarlo con spirito critico.
Chiunque abbia come obiettivo l’affermazione di sé (marca, persona, prodotto, azienda, religione, nazione, governo…) usa la sua relativa propaganda in modo più o meno cosciente.
Per via della credibilità di qualunque affermazione derivi da chiunque, questo termine (propaganda) forse non è un caso se nel tempo ha assunto significati contrastanti: da “azione intesa a conquistare il favore o l’adesione di un pubblico sempre più vasto mediante ogni mezzo idoneo a influire sulla psicologia collettiva e sul comportamento delle masse” fino a “Complesso di notizie destituite di ogni fondamento, diffuse ad arte e per fini particolari come l’esprimere sfiducia nei confronti di azioni, manifestazioni, iniziative che hanno in realtà solo fini propagandistici e interessati”.
Come si può notare, in entrambe i significati è presente il concetto di influenza sull’accettazione di qualcosa, solo che il primo è spiegato in modo neutro, mentre il secondo è descritto come una forma di bugia dalle gambe corte.
La propaganda è stata, per motivi credo intuibili, il nome attribuito alla réclame, poi ribattezzata pubblicità che sono oggettivamente sinonimi, perché riguardano comunque il conscio, metodico e pianificato utilizzo di tecniche di persuasione per raggiungere specifici obiettivi di coloro che organizzano il processo propagandistico, reclamistico, pubblicitario.
La propaganda (pubblicità, réclame) ha anche un interessante effetto collaterale osservabile da una posizione laterale (appunto) e tuttavia squisitamente professionale: produce una selezione “naturale” delle anime degli individui cui è rivolta. Questo perché c’è sempre chi “abbocca” e chi no, chi plaude e chi stigmatizza, chi accetta e chi rifiuta. È per questo che assistiamo al generarsi di diversi “eserciti” di tifosi, sostenitori, finanziatori, seguaci, alleati… che invece la comunicazione, intesa come dichiarazione neutra diffusa per ragioni informative, per sua natura non intende produrre.
La propaganda (pubblicità, réclame) è o no allora definibile il lato oscuro della comunicazione?
Il rischio che lo sia è grande, per via del fatto che è comunque espressione di persone che elaborano concetti in modo più o meno onesto. La questione risiede nel fatto che le qualità e le intenzioni delle persone non sono date a sapere a priori. Perché puoi essere gentile, affabile, convincente, erudito e tuttavia essere anche un impostore più o meno consapevole della tua natura e, proprio per questo, risultare efficace, credibile e addirittura pericoloso se la tua abilità serve a mascherare intenzioni o interessi diversi da quelli che dichiari. Anche un criminale potrebbe infatti dichiararsi in “buona fede” se nella sua mente le sue azioni gli apparissero legittime pur se in contrasto con le regole della comune serena convivenza. Purtroppo ne abbiamo triste conferma soprattutto in questo periodo in cui assistiamo ad affermazioni allucinate sia sui temi della salute, sia su quelli dei rapporti fra Stati.
In sostanza tutto ciò dovrebbe da solo giustificare l’importanza di allenare sempre lo spirto critico… perché le stesse parole possono essere pronunciate da persone diverse con diversi intenti e con diversa cultura… E allora dovrebbe risultare evidente l’importanza di saper leggere cosa sia comunicazione e cosa invece pura propaganda. Un esercizio che tuttavia diventa un impegno particolarmente complesso, perché richiede la capacità di leggere l’entità che trasmette contenuti, per la sua storia e nel suo contesto. Il rischio è altrimenti quello che si generino stimoli ad imitare modelli che modelli non dovrebbero essere.
Pietro Greppi
ethic advisor e fondatore di Scarp de tenis