29/04/2019
Preparatevi ad un pensiero laterale fuori dal comune. Sforniamo regole e manuali per ogni cosa, per ogni attività. Come vendere, come convincere, come scrivere, come scegliere, come parlare, come fare … E il mondo della pubblicità di questi “come” ne sforna a quintali, sia per formare adepti, sia per “normalizzare” il sistema stesso. Spesso si tratta di manuali uno fotocopia di altri. Ma per fare cosa in fondo? No, non rispondete subito. La domanda è retorica e nasce da una riflessione laterale che ho avuto modo di stimolare e discutere con alcune persone impegnate nel descrivere una raccolta di principi guida un po’ idolatrata. Principi che un imprenditore famoso “si narra” abbia diffuso fra i suoi collaboratori più stretti, nell’intento di fornire consigli utili per “trattare” con il cosiddetto “personale”. Che già in queste virgolettato è palese la volontà di mantenere un certo distacco dalle persone con cui si dice di voler avere a che fare … Comunque, essendoci anch’io, non stupirà che la discussione, dopo un primo momento in cui tali principi venivano investiti di plausi, prese anche un risvolto critico che cercherò di descrivere.
Riporto solo alcuni dei principi ispiratori della discussione, giusto per poter poi argomentare la critica: “Ricordate che un buon capo può far sentire un gigante un uomo normale, ma un capo cattivo può trasformare un gigante in un nano. Un’azienda solida ha le sue fondamenta su un personale felice”… che sono esempi solo parzialmente indicativi di quanto circola nei corsi e affolla le librerie. Ma torniamo alla critica che si è generata mio tramite sulla seguente osservazione: “Regole, principi, decaloghi, etc. hanno tutti in comune l’idea di rendere efficace ed efficiente una qualche attività, e di farlo agendo più o meno scientificamente per abbattere le barriere psicologiche che si oppongono al successo commerciale. Sempre quello. Apparentemente ovvio. Ma il punto di fondo è che, seguendo e applicando certe indicazioni, può passare inosservato l’effetto collaterale negativo meno evidente -è difficile, lo so- derivante dall’eccessiva enfatizzazione di queste regole come fossero un credo cui aderire acriticamente sorvolando sia su “chi le applica”, sia conseguentemente sugli effetti della loro applicazione.
Prese a sé stanti, potrebbero infatti sembrare sempre di buonsenso e neutre. Ma se è vero che attraverso la loro applicazione si riesce a governare e a sviluppare ottimamente qualunque azienda (nel caso citato si trattava di una grande industria dolciaria), va anche osservato che è il prodotto dell’azienda che dovrebbe prima subire una verifica di qualità e di opportunità. Perché -in generale- se addomestico scientificamente i miei dipendenti, coccolandoli per mantenerli fedeli e ubbidienti, ma li “utilizzo” per produrre e diffondere prodotti che tutto sono meno che adatti -per esempio- ad una corretta nutrizione, e soprattutto se questi prodotti non mi limito a produrli e a metterli sul mercato (come è ovvio che sia), ma agisco (o cerco di agire) per addomesticare anche il mio consumatore propinandogli una comunicazione scorretta e blandente, agendo soprattutto sull’ingenuità dei giovanissimi e facendogli credere che (sempre per esempio) i miei prodotti fan parte della dieta degli sportivi medagliati … Se insomma agisco in questo modo, allora l’immagine di quello che sono e di quello che faccio assume tutto un altro profilo.
È altrettanto importante sottolineare che buone pratiche di relazione con i dipendenti non garantiscono a priori la qualità dei prodotti. E la bontà di una persona non si trasferisce automaticamente sul prodotto che realizza. Ma il rischio che questo possa innescare proprietà transitive errate (bravo imprenditore = bravi collaboratori = corretta comunicazione = buoni prodotti) è molto forte.
Indicando acriticamente principi, anche se ottimi, si rischia di attribuire e far attribuire il medesimo valore, che certi principi certamente hanno, a ciò che tramite questi principi si produce e si distribuisce.
È una visione laterale certo inusuale, che può disturbare gli omologatori di professione, ma che nei fatti si verifica … più spesso di quanto si pensa. Basta saper guardare.
Pietro Greppi
Ethical advisor e fondatore di Scarp de’ tenis