06/11/2017
Per una volta provo a lasciar da parte i commenti sui contenuti degli spot televisivi “di nuova generazione” che troppo spesso, a mio parere (meglio sempre precisarlo), risultano pietosi e generalmente inutili. Per una volta mi impongo di non infierire sui non sense e sugli sprechi di spazio, di denaro e di intelligenza che rappresentano queste “datate formule di oggi”. Eviterò di invitare le aziende e le agenzie a fare più attenzione a come usano quei pochi secondi di cui dispongono anche (e soprattutto) quando possono ripeterli molte volte, pur se quando faccio questi inviti sottolineo che l’intento è quello di far passare l’idea che il cattivo utilizzo del denaro non sia mai un segnale positivo, soprattutto per chi si professa manager e poi lamenta mancanza di crescita. Cercherò di limitarmi ad osservare alcuni piccoli, ma rilevanti, dettagli che evidenziano quanto il sistema della comunicazione commerciale televisiva stia via via perdendo non solo credibilità, ma anche quel poco di sensatamente tecnico che aveva fino a qualche decina di anni fa. Tanti piccoli segnali di sfacelo in corso. Non avendo però lo spazio sufficiente per ospitare il lungo elenco che servirebbe fare, mi limiterò ancora di più e, fra le tante regole di buon senso esistenti e dimenticate, ne distillo una che riguarda i sensi coinvolti dal mezzo televisivo.
Anche se siete navigati, potete fare ugualmente l’esercizio senza che qualcuno vi possa scoprire, perché per eseguirlo è sufficiente che sappiate gestire i vostri sensi. Non lo saprà nessuno, ma ne potranno godere in molti perché, se ne assorbirete l’essenza, o se questo articolo avrà saputo rinfrescarvi la memoria, servirà a rendere migliore il vostro lavoro. Che siate addetti ai lavori o no provate allora a porvi criticamente davanti ad alcuni spot, osservateli con attenzione e alternativamente guardateli senza l’audio e poi fate il contrario, ascoltateli cioè senza guardarli. Non potrete fare a meno di notare che (sempre a parte i contenuti, ai quali andrebbe riservata una sezione particolare negli articoli di settore) in molti -troppi- manca l’applicazione della regola di base che un tempo, nelle agenzie più strutturate, veniva stressata soprattutto in fase di formazione tecnica dei creativi. La regola era (ed è) di buonsenso: suggerisce di verificare che lo spot risulti comprensibile sia vedendolo con il volume a zero, sia ascoltandolo girandogli le spalle.
Gli spot che si comprendono con “audio senza video”, potreste scoprire che sono generalmente frutto del lavoro di chi è abituato a produrre contenuti per la radio.
Quando a mettersi al lavoro è invece una “squadra multidisciplinare” come più spesso richiede un video commerciale, le diverse competenze e le esperienze che necessariamente si incrociano non è detto che si fondano. E la prova di questo è, come si dice, “on air” perché, se la regola cui ho fatto riferimento poco fa, ha un suo motivo di essere è quello di invitare a rendere massima la comprensione del messaggio commerciale in un ambiente domestico. I rumori casalinghi possono infatti coprire l’audio dello spot, ma se le immagini “parlano” possono ovviare a questo. Qualcuno potrebbe poi essere distratto e non vedere le immagini, ma se l’audio è esauriente e chiaro l’investimento dell’inserzionista corre meno rischi. In altre parole, se siete di quella scuola che certe regole le trasmette forti e chiare, allora è probabile che alcuni accorgimenti li mettiate già in pratica e avervelo ricordato non è stato tempo sprecato. Se invece non siete di quella scuola e pensate che quella regola lasci il tempo che trova, fate allora una prova e avrete delle sorprese. Sia che siate “l’azienda” sia che siate “l’agenzia” potrete accorgervi da soli quanto sia chiaro o meno il vostro messaggio. Ma a questo proposito non posso evitare di segnalare una cosa che, oltre ad essere professionalmente gravissima, ha anche dell’incredibile: in molti spot, spero non nei “vostri”, facendo quella semplice verifica appena accennata risulta che il messaggio non è chiaro né in video, né in audio. Se fossi il cliente mi arrabbierei.
Pietro Greppi
Ethical advisor e fondatore di Scarp de’ tenis
Fondatore del Laboratorio per la realizzazione del Linguaggio universale non verbale