05/05/2022
Quando comprate qualcosa di alimentare, confezionato o meno, rischiate di fare un errore che “pagate caro” se scegliete pensando solo al prezzo dichiarato. Questo rischio lo correte da tempo, ma è soprattutto oggi che vale la pena aguzzare la vista. Sì, perché siamo abituati a veder attributo un prezzo ad una confezione di cui, soprattutto se la compriamo ripetutamente, non leggiamo neanche più un dettaglio che comunque è sempre dichiarato (per legge): il peso. L’industria alimentare sa bene che si è instaurata questa abitudine nel “consumatore”. E l’industria è popolata da persone il cui compito e quello di cercare di fare soprattutto profitto. Intento certo legittimo, ma solo se condotto con trasparenza e onestà. Resta il fatto che i nostri gesti abituali hanno generato un effetto collaterale nel pensiero, tutt’altro che onesto, di chi governa la produzione di ciò che compriamo. Ad un certo punto queste persone, che per trarre un profitto dalla loro attività studiano costantemente “strategie” efficaci per ottenerlo, hanno deciso di approfittare dell’oggettiva (temporanea) leggerezza con cui il consumatore sceglie prodotti dallo scaffale e li mette nel carrello. Infatti, quando sei abituato a prendere una confezione di pasta, caffè, biscotti, etc… lo fai avendo “in memoria” che quelle confezioni contengono un determinato quantitativo di prodotto espresso in peso, o in certi casi anche in numero di pezzi ospitati dalla confezione.
Contando su questa ingenua “leggerezza” ecco allora i geni che attribuendosi indebitamente qualifiche professionali altisonanti, entrano in azione e… cosa ti fanno? Tolgono dalla medesima confezione un certo numero di grammi e mantengono il prezzo. Spetterà poi alla dinamica delle promozioni distrarti costantemente da quel fatto con farlocche offerte di sconto, 3×2, etc. Tutto legale però, perché i grammi -o i pezzi- contenuti sono indicati (per legge) nel solito modo e nella solita posizione sulla confezione. Ma tu non li guardi più da tempo, altrimenti ti accorgeresti che sono meno. Così per un certo tempo continui a pensare di comprare la stessa quantità di prodotto e a pensare di essere diventato più ingordo del solito perché da un po’ di tempo il prodotto finisce prima. Fino a che non ti accorgi, per caso o per aver letto o sentito qualcuno che te l’ha detto, che i 500 gr son diventati 450, che il chilo diventano 750gr, che i fazzoletti di carta nel pacchetto sono 9 e non più 10, che le brioche o i gelati non sono più 6, ma 5… Altri modi per mascherare la diminuzione di peso sono quelli di effettuare una poco percepibile riduzione delle dimensioni della confezione, o di usare l’aria che in alcuni prodotti è diventato un ingrediente non dichiarato perché invisibile… così quello che compri è un volume… che non è il peso Se infatti emulsioni yogurt, creme, salse, impasti, gelati… li rendi addirittura attraenti, belli gonfi e “cremosi”… e non ti rendi conto che paghi l’apparenza e non la sostanza (una questione che di questi tempi sembra passata “per osmosi” dalle persone ai prodotti).
Di questa pessima scelta delle persone “di azienda” è da rimarcare soprattutto il modo subdolo e certo calcolato con cui è messa in atto. Personalmente ne avevo evidenziato qualche caso avvenuto già qualche anno fa.
Ora, complice l’idea che vari generi di crisi di questi anni rendono più difficile generare profitti con la facilità di un tempo, questa insopportabile “strategia” si è talmente diffusa nelle imprese che qualcuno si è preso la briga di dargli un nome: oggi infatti tra gli addetti ai lavori si sente parlare sempre più spesso di shrinkflation per indicare la riduzione della quantità di cibo offerto allo stesso prezzo. Un battesimo che ha la corrispondente traduzione in italiano: sgrammatura.
Confrontare il costo al chilo è sempre stata una sana abitudine di autotutela per chi “fa la spesa”, ma oggi è diventata ancora più importante perché è fin troppo evidente che creare continuamente nuove confezioni (il “famigerato” packaging) assomiglia sempre di più all’illusionismo, nella cui professione si esercita soprattutto l’abilità nella distrazione da ciò che accade in realtà.
Pietro Greppi
ethic advisor e fondatore di Scarp de tenis