09/04/2018
È una domanda che riguarda il futuro di miliardi di persone. E se intendiamo cercare qualche risposta di buonsenso, che diventi anche una soluzione di altrettanto buonsenso, dobbiamo allora informarci meglio ed essere oggettivi anziché facili prede dei sensazionalismi apocalittici di parte o delle “notizie” fornite da chi adultera le informazioni trasformandole in racconti verosimili, ma costellati di inesattezze, omissioni, affermazioni distorcenti la realtà. Pare sia generalmente aumentato il nostro senso di responsabilità nello stare su questo pianeta, ma si tratta di comportamenti “teleguidati” e mai troppo consapevoli. Siamo infatti una civiltà assorbita dal mondo digitale che ha consentito l’affermarsi mediatico di persone animate da un livore irrazionale nei confronti di chi, nei fatti, svolge funzioni fondamentali per la sopravvivenza, come quella di produrre nutrimento per chi abita il pianeta e pensare, costruire, perfezionare e tenere in vita un ciclo che assicuri costantemente e a lungo la disponibilità di alimenti per tutti. Ci saranno sempre da esplorare ampie aree di miglioramento in ogni attività di questo tipo, ma va detto che non si possono però condurre dai salotti, vendendo libri, influenzando i social, rilasciando interviste o discutendo all’infinito sulle differenze fra mondo animale e vegetale. Noi tutti scegliamo come nutrirci secondo una natura che ha donato agli umani caratteristiche simili fra loro, ma anche una grande varietà di differenze da considerare. Volete provare a parlare di veganesimo a un bambino denutrito? Fatelo e poi ne riparliamo, ma per non apparire ridicoli suggerirei di farlo – come dicevo – fuori dai salotti e non mentre si fa la spesa da Peck. Quale che sia la dieta che decidiamo di seguire, oggi ormai lo facciamo anche seguendo quelle “voci” che arrivano dal grande rumore sul tema “nutrimento” presente nei mezzi di informazione. Un rumore prevalentemente prodotto da chi non si occupa di produrre alcunché se non informazioni parziali e orientate a sostenere la sua propria visione distorta di un mondo che nei fatti è invece diverso. Certo esistono anche i malfattori ovunque, ma fare di tutte le erbe un fascio è sempre un errore, perché la stragrande maggioranza di chi si occupa di alimenti ha un livello di attenzione che i suoi detrattori non si immaginano o che colpevolmente intendono ignorare. Molte aziende che danno origine alla filiera alimentare destinata al consumo umano, sono inevitabilmente di grandi dimensioni, difettano di comunicazione divulgativa del loro operato, ma sono concentrate da molti anni nello sviluppare e salvaguardare filiere produttive di cui “la gente” fruisce senza rendersi conto del lavoro di ricerca che le determina. La questione di fondo, quella vera, è che non siamo più in grado di procurarci il cibo autonomamente se non andando nei negozi più o meno grandi, dove troviamo commestibili pronti di cui ci sfugge spesso la provenienza e la stessa essenza. Siamo esseri sociali per forza di cose, ma se vogliamo mantenere la forma di civiltà che abbiamo costruito e se, vorrei sperare, continueremo a riprodurci, ci sarà poco da fare gli schizzinosi o i pretestuosi difensori di chissà quale parte della natura che ci circonda, perché qualcuno dovrà pur occuparsi anche della produzione del cibo. Che non significa frequentare corsi di chef, ma fare qualcosa di molto più simile al lavoro dei contadini e a quei sistemi di produzione organizzati in modo sempre più metodico ed efficiente, senza i quali non avremmo né il tofu, né la pasta, né il mac chicken, né la rucoletta, non la merendina e neppure la cavalletta fritta, … I bitcoin e le app possono anche arricchire, ma prima o poi devi anche mangiare … e le azioni che servono per aver di che nutrirsi non sono quelle della Borsa Valori, ma quelle di chi alleva e coltiva. Da quando siamo su questo frammento di universo ci nutriamo con ciò che la natura ci offre e grazie a quello che sappiamo salvaguardare per averlo sempre disponibile. Raccoglitori, cacciatori, pescatori, trasformatori … l’umanità si è sempre adeguata alla propria natura e al luogo in cui si trova, come ogni altro animale che condivide con noi questo globo. Ma ci siamo anche evoluti. E questo ci ha permesso di scoprire le qualità di ogni alimento di cui disponiamo e di dosarlo anche in relazione alle nostre caratteristiche fisiche o in relazione ai nostri gusti. E noi, che siamo qui a scriverlo o a leggerlo, siamo ancora quelli che hanno il privilegio di pensare ad un menù. Possiamo però lavorare per un mondo sempre migliore. Anzi dobbiamo farlo e c’è già chi lo fa, avendo ben chiaro che significa trovare il modo di produrre tanto cibo, distribuirlo nel modo più uniforme possibile e soprattutto garantire che sia sano, nutriente ed economico affinché chiunque possa permetterselo. Vegani, vegetariani, fruttariani, onnivori … tutti potranno veder soddisfatte le proprie preferenze se seguiranno l’unica moda che dovrebbe prendere piede: quella del buon senso.
Pietro Greppi – Ethical advisor e fondatore di Scarp de’ tenis