04/04/2016
Pensando alle favole che una volta si raccontavano, si tramandavano e che molti della mia età, e più, ricordano ancora, mi sono chiesto se oggi c’è ancora chi le trasmette a qualcuno. Verrebbe da pensare di no, o molto poco se ci riferiamo a quelle dei fratelli Grimm, Perrault, Rodari, etc. E riflettendoci bene, guardandomi intorno, mi è venuto da pensare che forse la modernità che abbiamo costruito ha sostituito le fiabe con la pubblicità. Se così fosse, e a me pare proprio lo sia, potrebbe essere stato per non perdere l’occasione di raccontarle solo ai bambini e per utilizzare quel metodo rodatissimo (quello delle fiabe appunto) per veicolare particolari messaggi attraverso un racconto abilmente costruito per restare impresso. Un’ipotesi fantasiosa la mia. Forse. Ma ci sono cose che accadono senza che neppure chi le mette in atto si rende conto. I meccanismi della mente ci portano a replicare, modificandolo a nostro piacimento e secondo la nostra creatività, quello che abbiamo visto, sentito, imparato nel corso della nostra vita. Tutta la nostra vita. Ed è quindi molto probabile, se non certo, che anche la produzione pubblicitaria a cui assistiamo o che produciamo sia lo specchio del contenuto della mente degli individui che la pensano. Persone che le favole le hanno ascoltate e che a distanza di anni ne ripropongono gli schemi con altri contenuti. “Per favola si intende un genere di racconto caratterizzato da brevi composizioni, in prosa o in versi, che hanno per protagonisti modelli umani, spesso animali – più raramente piante o oggetti inanimati – e che sono fornite di una “morale” … solitamente ripresa e spiegata alla fine (wikipedia)”. Una descrizione che, bisogna ammettere, è sovrapponibile a quella che potremmo fare della pubblicità. Ma perché dico questo? Beh, sempre per ricordare l’importanza della responsabilità del Singolo verso l’Altro, soprattutto quando comunichiamo. Per sottolineare che questa responsabilità aumenta quando si usa la ripetizione tipica della pubblicità. E anche se non intendo imporre un pensiero, desidero far riflettere continuamente sul fatto che diffondere un’idea usando stratagemmi, qualunque idea, anche questa mia, può incidere sui destini di molti. Non voglio pormi come un maestro, ma ci sono aspetti che quando si comunica vanno considerati prioritari. Soprattutto in ADV, dove il pensiero di poche persone, addirittura di una sola, può incidere su molti, sulla loro percezione del valore di un modello, inventato però solo per vendere un prodotto. Dove questo modello rischia di assumere un peso e un valore che non ha riscontro nella realtà. Un peso che va quindi “pesato e pensato” con lungimiranza non solo commerciale, ma sociale. La pubblicità nel suo complesso è, lo sappiamo, uno strumento potente e funziona soprattutto per la sua capacità invasiva che la rende a tutti gli effetti un “ente formatore” e uno strumento potenzialmente “pericoloso” se lasciato in mano a persone poco responsabili o superficiali. Morale ed etica non sono mondi distanti e così diversi… il mondo stesso è un insieme di elementi tutti collegati fra loro su distanze brevi o meno. Ma le relazioni con l’Altro producono sempre un risultato. Perché l’incontro con l’Altro, anche “solo” con il suo pensiero, modifica sempre gli individui che, da quel momento, non sono più come prima dell’incontro. E la qualità del loro cambiamento dipende dalla qualità di ciò che è entrato a far parte della loro esperienza con l’Altro e quanto di questa gli resterà addosso. Le fiabe di un tempo e quelle di oggi lasciano tracce in ognuno di noi. Perché allora non raccontare storie vere invece di fiabe zoppicanti e tirate per i capelli. Viviamo negli anni in cui anche il cibo è diventato l’output di un processo meccanizzato. Quasi tutto ormai è diventato merce e abbiamo perso coscienza e memoria del valore intrinseco delle cose e abbiamo perduto molte capacità che ci rendevano autonomi. Lo sviluppo, la crescita, per come vengono intesi oggi, bollano come passatista, romantico, antieconomico, quantomeno ingenuo se non retrogrado, ogni tentativo di ricucire gli strappi, sempre più preoccupanti, fra reale e artificiale. E questa non è una fiaba, è storia.
Pietro Greppi
ethical advisor
fondatore di Scarp de tenis
fondatore del Laboratorio per la realizzazione di GESTO – il Linguaggio universale dei segni – non verbale