11/07/2016
Questo mio intervento vi sembrerà di un registro diverso dal solito. Potrà apparire che voglia difendere quelli che da questa rubrica non manco di criticare, … ma vediamo. È in corso da tempo quella che a me, ma forse anche ad altri osservatori e commentatori, appare una sorta di gara a chi rende più antipatica la presenza della pubblicità nei vari media. E non mi riferisco in questo caso a chi la pubblicità la produce, a cui dedico sempre i miei commenti di riflessione e critica quando i contenuti che costoro elaborano meritano di essere definiti insulsi, inutili, dannosi, scorretti et similia. Ma questo lo sapete. Mi riferisco invece a chi la pubblicità la presenta e la introduce, perché involontariamente esistono anche i presentatori, di fatto, della pubblicità. Come dicevo, sembra quasi esserci una gara a chi fa peggio. E la TV, “forte” anche del suo affollamento e quindi della frequenza e dell’evidenza con cui questo accade, colloca i propri conduttori ai primi posti in questa competizione che certo è involontaria, ma che, una volta osservata nell’ottica che ora vi indico, risulta per certi versi incredibile. Fateci caso, ogni conduttore elabora a suo modo, ci mancherebbe, la frase che introduce la pubblicità, quel fatto che il sistema della comunicazione ha reso replicante e che accompagna ogni genere di programma senza che ormai il pubblico se ne stupisca più di tanto. Senza considerare per ora le regie che interrompono brutalmente e senza alcun riguardo la fruizione dei programmi, ciò che a mio modo di osservare sorprende è che quasi tutti coloro cui “tocca passare il testimone agli spot”, descrivono il momento scegliendo parole che mi stupisco non siano state notate dai direttori di rete, responsabili di agenzia, aziende committenti. Dire infatti “ci interrompiamo per la pubblicità, ci fermiamo per la pubblicità, non cambiate canale … torniamo dopo la pubblicità, devo fermarmi per un tassativo, devo dare la pubblicità sennò mi licenziano, adesso ci fermiamo per la pubblicità, …” attribuisce a quel momento un valore intrinsecamente negativo. Possibile che non sia stato ancora notato? Se metto per un attimo da parte le polemiche sulla qualità e la carenza di etica di molti contenuti pubblicitari, trovo curioso che la fonte finanziaria che tiene in piedi tutto il sistema televisivo e che in qualche modo, neppure tanto velatamente, impone ritmi e programmi e di conseguenza anche i palinsesti, non abbia da ridire su questo trattamento. Strano, perché un Sistema che, a torto o a ragione, reagisce con contenziosi anche solo per lo slittamento di uno spot da una posizione oraria ad un’altra o per fatti comunque di questo tenore, mi aspetterei che su questo genere di “finezze” fosse attento e potesse chiedere un po’ di attenzione. Attribuisco questa “distrazione” al fatto che il riguardo, l’educazione e le finezze non sono comunque materia quotidiana di un Sistema che oggettivamente sembra trattare anche sé stesso un tanto al chilo, probabilmente vittima degli stessi modelli che sdogana. Qualcuno potrebbe anche stupirsi e trovare strana la mia posizione normalmente orientata a inquadrare l’etica, e quindi i casi in cui si dimentica il rispetto per l’altro, e chiedermi perché sembro prendere le parti della pubblicità a priori. Anticipo la risposta all’ipotetica domanda: non dico che giornalisti, regie e conduttori in genere debbano leggere un gobbo imposto per introdurre la pubblicità, per carità, ma sarebbe auspicabile che ci fosse da parte loro la consapevolezza, visto che i loro stipendi arrivano proprio da quegli appuntamenti, che anche in quelle occasioni l’uso delle parole fa la differenza e può avere delle ricadute. Sarebbe perfetto, per esempio, il famoso “consigli per gli acquisti” che non credo abbia il copyright di Costanzo, cui però va a mio parere riconosciuto il “merito” del conio, perché non solo sarebbe più opportuno, ma renderebbe questi inserimenti più leali, trasparenti e meno ipocriti. In altre parole intendo sottolineare che l’approccio etico alle cose e alle persone, in qualunque contesto ci si trovi, può partire anche dalle piccole attenzioni, come la scelta delle parole, e che se un Sistema come quello della comunicazione non le prevede neppure per sé, … fate voi.
Pietro Greppi
Ethical advisor e fondatore di Scarp de’ tenis
Fondatore del Laboratorio per la realizzazione del Linguaggio universale non verbale